La scadenza del 31 maggio per presentare la domanda di Cigo o assegno ordinario con causale Covid-19 nazionale vale solo per i datori di lavoro che finora non hanno fatto domanda, pur avendo ridotto o sospeso l'attività tra il 23 febbraio e il 30 aprile.
Il Dl 34/2020 ha apportato delle modifiche all'articolo 19 del Dl 18/2020 in tema di presentazione dell'istanza di accesso agli ammortizzatori, abolendo (per la Cigo e l'assegno ordinario) i quattro mesi originariamente previsti e fissando il termine alla fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attività lavorativa, prevedendo anche una penalizzazione per chi non rispetta la scadenza.
Il nuovo comma 2 ter stabilisce, inoltre, che per le sospensioni già attuate dai datori di lavoro nel periodo che va dal 23 febbraio al 30 aprile, la scadenza è il 31 maggio e che le domande inoltrate dopo tale data sono soggette alle nuove decurtazioni.
Inps, con il messaggio 2183/2020 , interpreta il dettato normativo e di fatto confina la scadenza del 31 maggio (tra una manciata di giorni) alle sole aziende che, pur avendo posto in cassa i lavoratori nell'arco temporale sopra citato, non hanno mai inoltrato la domanda. Conseguentemente restano fuori dall'adempimento in imminente scadenza, tutti i datori di lavoro che, per esempio, vogliono avvalersi di una proroga dopo aver chiesto le prime 9 settimane. Evenienza che si può verificare ricorrendo alle nuove 5 settimane di cui si può fruire nel periodo 23 febbraio-31 agosto, oppure perché dalla verifica effettuata a posteriori, in base alla circolare 58/2009 e del messaggio 2101/2020 (si veda il Sole del 22 maggio ) è emerso che non tutte le settimane richieste sono state effettivamente utilizzate, per via della modalità, anche saltuaria, di accesso allo strumento.
Tali soggetti, per presentare la nuova istanza, dovranno attendere le istruzioni che l'Inps fornirà con una circolare di prossima emanazione.
Riguardo alla possibilità di recupero delle settimane non utilizzate, vale la pena evidenziare un aspetto che oggi può, forse, sfuggire ma che potrebbe divenire rilevante nel futuro. La riflessione prende le mosse dal contenuto del nuovo articolo 19 del Dl 18/2020, nella parte in cui afferma che le ulteriori 5 settimane di proroga si possono ottenere solo se sono state interamente fruite le nove settimane del periodo di base.
Conseguentemente, la procedura individuata dall'Inps nel 2009 e oggi riproposta per la causale Covid-19, consistente nella verifica a posteriori delle giornate di cassa effettivamente utilizzate e nella loro riparametrazione a settimane, appare come il viatico obbligatorio per essere nella legalità.
Infatti alcune aziende potrebbero saltare la verifica e chiedere le 5 settimane (o meno) di proroga ma l'eventuale mancata fruizione di alcune di esse inerenti al primo periodo, verificata successivamente, potrebbe evidenziare un profilo di non allineamento con la disposizione normativa e – in ultima analisi – inficiare la legittimità del riconoscimento dell'ammortizzatore sociale per il periodo ulteriore.