Nessuna tassazione in capo al dipendente per i buoni pasto cartacei da 5,29 euro ricevuti nel 2019 (o entro il 12 gennaio se di competenza del 2019) e spesi nel corso di quest'anno o ancora da spendere. Imponibili, invece, i buoni maturati a partire dal primo gennaio 2020, ma solo sull'eccedenza tra l'importo facciale degli stessi e i nuovi limiti fiscali di 4 euro per i ticket cartacei e 8 euro per quelli elettronici.
Deducibilità al 100% dal reddito di impresa del costo d'acquisto dei buoni, a prescindere dal formato e dal valore unitario di ciascun tagliando, anche nel caso questo sia superiore alle nuove soglie di esenzione. Nell'attesa di conferme ufficiali, queste dovrebbero essere le re-gole applicabili per gestire la fase di transizione della disciplina.
Momento impositivo
Il cambio dei limiti fiscali previsto nell'ultima legge di bilancio, da 5,29 a 4 euro e da 7 a 8 euro al giorno, rispettivamente per i buoni pasto cartacei ed elettronici, trova la sua linea di demarcazione nel primo gennaio 2020. Pertanto le nuove soglie valgono solo per i ticket maturati a partire da questa data. Diverso, invece, potrebbe essere il momento di erogazione, che può protrarsi fino al 12 gennaio del periodo di imposta successivo, al pari di tutte le somme e valori percepiti dal dipendente a cavallo d'anno, come stabilito dal principio di cassa allargato contenuto nell'articolo 51, comma 1, Tuir.
Deducibilità fiscale
Doppio binario per la tassazione dei buoni pasto in capo ai lavoratori e alle aziende. Per i primi il valore dei ticket non concorre a formare reddito di lavoro dipendente o assimilato fino ai citati importi giornalieri di 4 e 8 euro; è imponibile solo l'eventuale eccedenza tra valore facciale del buono e dette soglie. Di converso, per il datore di lavoro il costo dei buoni pasto è sempre interamente deducibile dal reddito di impresa, a prescindere dall'importo dei singoli buoni, e non sconta neppure la limitazione della deducibilità al 75% stabilita dall'articolo 109, comma 5, del Tuir per le spese alberghiere e di ristorazione. Infatti, l'inerenza è indubbia e la fattispecie è assimilabile al vitto e alloggio delle trasferte di cui all'articolo 95, comma 3 del Tuir (circolare dell'agenzia Entrate 6/2009).
Buoni cartacei
In assenza di un'apertura da parte dell'agenzia delle Entrate che consenta l'utilizzo delle vecchie regole (limite fino a 5,29 euro) relativamente ai blocchetti dei buoni pasto già acquistati nel 2019 e fino al loro esaurimento, le aziende che a partire dal primo gennaio 2020 concedono buoni pasto cartacei da 5,29 euro, o comunque importi superiori a 4 euro, devono tenerne conto già nelle buste paga relative al mese di gennaio e applicare le ritenute fiscali e contributive sul surplus tra il valore del buono e il limite di 4 euro per ciascun ticket, non essendo tale eccedenza assorbibile dalla franchigia di esenzione di euro 258,23 prevista dall'articolo 51, comma 3, del Tuir per le erogazioni in natura (risoluzione agenzia delle Entrate 26/2010 e circolare agenzia delle Entrate 28/2016, paragrafo 2.5.2).
Pertanto, se nel mese di gennaio sono maturati e distribuiti 21 buoni da 5,29 euro, la quota imponibile è pari a 27,09 euro [21 x (5,29-4)]. Per il futuro, al fine di evitare l'aggravio fiscale, l'impresa può decidere di ridurre l'importo dei ticket a 4 euro oppure passare a quelli elettronici.
Assenza di sanzioni
I buoni pasto sono utilizzabili esclusivamente dal lavoratore beneficiario, per l'intero valore facciale e, inoltre, non sono cedibili, nè cumulabili oltre il limite di otto buoni, nè commercializzabili o convertibili in denaro, come previsto dall'articolo 4 del decreto del ministero dello Sviluppo economico 122 del 2017. Tuttavia, a fronte dell'utilizzo improprio dei buoni, non sono previste sanzioni nè per il lavoratore, nè per gli esercizi convenzionati e neppure per il datore di lavoro. Nel principio di diritto 6/2019, le Entrate hanno confermato che ai fini Irpef non rileva il divieto di cumulo di oltre otto ticket. Le ritenute fiscali, infatti, devono essere operate secondo i limiti previsti dall'articolo 51, comma 2, lettera c, del Tuir (a suo tempo 5,29 e 7 euro per giorno lavorato), a prescindere dal numero di buoni che saranno, o sono stati, utilizzati in contemporanea.